Sforzarsi come necessità vitale!
Sforzarsi come necessità vitale!

Sforzarsi come necessità vitale!

In un mondo sempre più virtuale, anestetizzati dall’incessante bombardamento di informazioni contraddittorie e di bassa qualità, senza accorgercene, stiamo progressivamente perdendo il nostro spirito critico.

Lo Spirito Critico, che costituisce la benzina che alimenta il fuoco della ricerca della nostra natura autentica e distintiva rispetto al “branco”, sta perdendo sempre più energia e dinamismo, oscurata da un’apatia sempre più crescente e diffusa, figlia di un’invisibile (all’occhio inconsapevole) e bloccante paura del rifiuto.

Man mano che questa forza – lo spirito critico – si dissolve, quella risorsa preziosa dell’essere umano che lo spinge a porsi domande, a studiare, a cercare di confrontarsi e comprendere l’altro e a sviluppare relazioni e pensieri sempre più raffinati, assistiamo a una preoccupante polarizzazione del pensiero e alla graduale scomparsa delle sfumature.

L’individuo si sente di esistere solo aderendo ad un’idea preconfezionata, ad una tifoseria, ad uno slogan pronto a suo uso e consumo. Non importa quanto questa sia intimamente sentita; ciò che conta è potersi nascondere dentro di essa, imbracciare addirittura fucili per difenderla, evitando di sentire il disagio e la fatica di doversene fare una propria, diversa dalla massa, più articolata e magari contraddittoria.

L’individuo si sente al sicuro dove muore il proprio spirito individuale, dove il disagio viene visto come un qualcosa da evitare e non invece come quel portale salvifico, quella forza da osservare ed attraversare con fiducia. E’ proprio grazie all’attraversamento di queste continue, piccole e ripetute crocefissioni dolorose che possiamo risvegliare le nostre qualità più profonde aprendo la porta della vita.

Per assurdo, non importa la qualità del pensiero che siamo in grado di produrre e quanto esso sia rispondente a verità (chi è in grado di poter dire di avere la verità in tasca?), ciò che conta è coltivare la forza della ricerca genuina che lo alimenta, non cedendo alle facili lusinghe dell’accidia o alla paura di rimanere soli.

Il problema, difficile da riconoscere se non si compie un profondo lavoro su di sé e non ci si apre al silenzio, è che il nostro pensiero è spesso agito, dominato da forze e istinti meccanici. Il pensiero automatico ci trascina, come un cane tenuto al guinzaglio dal suo padrone.

Il sistema mediatico che influenza l’ambiente circostante, ad esempio, ci inculca e decide per noi, giorno per giorno, il tema di cui si deve trattare, la trama alla quale dobbiamo aderire, chi sono i buoni e chi sono i cattivi, chi le vittime chi i carnefici, ed il recinto entro il quale questo dibattito è consentito svolgersi.

Avviene di fatto una polarizzazione appiattita del pensiero comune che costituisce un deterrente per chi nutre un pensiero dissonante dalla massa. Il dibattito, addirittura anche all’interno delle famiglie e tra amici, diviene inaccessibile all’individuo che ha paura di essere emarginato e deriso dal “branco” (il sottoscritto conosce bene questa emozione). Si assiste quindi ad una vera e propria censura di fatto dettata da una morale comune sempre più insipida, superficiale e stupida, priva di esperienza e conoscenza diretta, che giorno dopo giorno abbassa l’asticella del comune pensare, riducendo l’individuo ad un inconsapevole consumatore e diffusore di informazioni preconfezionate, inanimate, divisive e di bassa qualità.

In questo deserto, in questo piattume, in questo addormentamento di massa fintamente colorato di “politically correct”, muore l’autenticità, la scintilla divina e distintiva dell’individuo capace di gettare ponti verso il prossimo.

Divampa quindi l’incomunicabilità che crea muri, l’odio e la divisione, figli di quel disagio inascoltato, di quella forza cui si è abdicato, della paura del diverso e di ciò di cui non si è direttamente fatto esperienza.

E’ solo nell’osservazione profonda di quanto siamo dominati da questi automatismi inconsapevoli che possiamo trovare il nostro vero centro e la via di salvezza.

Con l’avvento dell’intelligenza artificiale — che sempre più spesso pensa al posto nostro, risparmiandoci lo sforzo di approfondire e di formarci un’opinione personale — questo problema rischia addirittura di amplificarsi esponenzialmente. Non sono contrario all’I.A., ma vedo il pericolo di un essere umano che, per accidia o per una crescente sfiducia in sé stesso, finisce per delegare il proprio potere critico rinunciando così a vivere la vita nella sua pienezza.

Praticando da quasi metà della mia vita arti marziali interne di origine cinese (Chi Kung, Nei Kung, Tai Ji Quan e Zen), ho avuto la fortuna di ottenere una chiave preziosa per osservare in profondità come funzioniamo. Ho potuto vedere quanto siamo continuamente dominati dalla nostra mente inconsapevole e come i nostri blocchi — fisici, emotivi ed energetici — se non adeguatamente osservati e ascoltati, possano generare gravi squilibri e disarmonie. E questo accade anche a livello spirituale, abbassando drasticamente quella che è, potenzialmente, la nostra energia vitale infinita.

Diviene quindi sempre più urgente, se intendiamo cambiare il mondo e l’ambiente che ci sta intorno, prima fare un autentico e continuo lavoro su di se, affrontando con fiducia ciò che più ci spaventa e ci crea resistenza, per consacrare la vita e poter fare esperienza diretta di quelle forze che minacciano di impadronirsi della nostra forza vitale.

Post di Guido Grossi

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